Proprietari e agenti: chi valuta chi? Le dinamiche invisibili della fiducia al primo incontro.
Quando proprietari e agenti si incontrano per la prima volta, chi sta valutando chi?
La risposta più ovvia sarebbe: l’agente valuta l’immobile e il proprietario valuta l’agente. Ma la realtà è molto più sottile e interattiva.
Ricordo ancora il mio primo incontro con un proprietario di casa, circa vent’anni fa.
Ero giovane, preparata, determinata a fare bella figura.
Avevo studiato ogni dettaglio, portato con me una presentazione impeccabile, convinta che tutto si giocasse sulla mia capacità di impressionare, di mostrare quanto fossi competente, organizzata, affidabile.
E invece no.
Quell’incarico lo persi, e il proprietario scelse qualcun altro.
Per anni ho continuato a interrogarmi su quel momento, e nel tempo ho compreso che non avevo sbagliato le informazioni, ma l’approccio.
Questa lezione mi accompagna ancora oggi, ogni volta che incontro un proprietario per la prima volta. Perché quella dinamica invisibile è sempre lì: chi valuta chi?
Se in apparenza sembra che sia io a valutare l’immobile, in realtà è il proprietario che, spesso inconsciamente, valuta me.
È un gioco di specchi in cui entrambi osserviamo l’altro, cercando segnali di affidabilità, coerenza, autenticità.
Proprio come i venture capitalist osservano gli imprenditori, anche i proprietari percepiscono, spesso a livello subliminale, i segnali che l’agente invia loro.
Non solo attraverso le parole, ma tramite quei micro-movimenti, quelle posture, quei silenzi che parlano molto più di un biglietto da visita ben fatto.
In questi incontri il proprietario cerca di mostrarsi esperto, sicuro del valore della propria casa; l’agente tenta di apparire impeccabile, professionale, convincente.
Il risultato? Una comunicazione faticosa, poco fluida, carica di rigidità.
La neuroscienza ci insegna che quando cerchiamo troppo di controllare l’impressione che stiamo dando, attingiamo risorse cognitive che ci rendono meno autentici e meno credibili.
Alcuni studi nel campo delle risorse umane dimostrano come, quando chi seleziona si concentra troppo sull’obiettivo di piacere o di risultare attraente, finisce per perdere lucidità nella valutazione dell’altro.
In sostanza, più ci affanniamo a voler risultare perfetti, più rischiamo di non vedere con chiarezza chi abbiamo davanti e cosa ci sta realmente dicendo, perdendo lucidità nel cogliere le reali esigenze o criticità.
E questo vale tanto per noi agenti, quanto per i proprietari di casa.
Allo stesso modo, il proprietario che “recita” una parte trasmette inconsapevolmente segnali di difesa che possono generare diffidenza.
Negli anni ho capito che la tentazione di voler fare colpo è pericolosa.
Quando ci concentriamo troppo sull’immagine che vogliamo dare, il nostro cervello si sovraccarica: stiamo cercando di controllare tutto, e così perdiamo naturalezza, spontaneità, autenticità.
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Le “mie chiavi”
Ho imparato che la chiave sta nello spostare l’attenzione dall’esterno all’interno: non cercare di impressionare l’altro, ma mostrare coerenza interna e autentico interesse per l’immobile e per la storia che lo accompagna.
Quando ci si mostra sinceri nel voler capire, ascoltare, approfondire, anziché “vendere se stessi”, attiva nel proprietario meccanismi cerebrali di fiducia e apertura.
La fiducia nasce quando smettiamo di voler convincere e cominciamo a voler comprendere.
Non devo essere io al centro della scena, ma la persona che ho davanti e ciò che per lui conta. Negli anni, ho visto tanti agenti, me compresa, cadere nel paradosso dell’auto-centratura: parlare troppo di sé, del proprio metodo, della propria agenzia, di quante case ho venduto e così via…
Il rischio è trasmettere la sensazione di essere più concentrati su di sé che sull’altro, attivando resistenze emotive e chiusure.
Ho imparato anche che il proprietario non cerca solo un agente, ma qualcuno che gli faccia sentire di essere nel gruppo giusto.
La psicologia sociale ci insegna che nelle situazioni di incertezza il cervello cerca conferme di appartenenza.
Non bastano dati e competenze: serve un linguaggio empatico, un ascolto che faccia sentire accolti e riconosciuti, ma sempre con professionalità.
In passato sbagliavo puntando tutto sulla mia professionalità, dimenticando che la vera urgenza emotiva del proprietario è sentirsi capito.
Tutte queste consapevolezze sono arrivate con l’esperienza, attraverso incontri riusciti e meno riusciti, osservando me stessa e gli altri.
La fiducia nasce da quello spazio invisibile e prezioso che si crea quando smettiamo di voler gestire tutto e ci permettiamo di essere presenti, autentici, curiosi di conoscere chi abbiamo di fronte.
Il resto viene da sé.
Proprietari e agenti: chi valuta chi?
Dal Blog Immobiliare Santalfredo
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